
Asse intestino-cervello: perché siamo davvero quello che mangiamo
Sempre più frequentemente mi capita di inviare alla nutrizionista clienti che si rivolgono a me per disagi emotivi, in particolare per problematiche di ansia e depressione.
Infatti, molte persone che da tempo convivono con una sofferenza psichica spesso lamentano anche di non riuscire a mangiare più nulla, di essere intolleranti alla maggior parte degli alimenti, di avere il colon irritabile.
Purtroppo non sono fantasie.
Che ci sia una forte connessione tra mente e corpo (e spirito) è un fatto risaputo nell’ambito delle medicine tradizionali e olistiche.
Negli ultimi 15 anni però sono stati fatti dei passi da gigante nell’approfondire queste correlazioni in modo scientifico.
L’intestino come secondo cervello
Le funzioni di nutrizione e assorbimento delle sostanze nutritive sono fondamentali per la nostra sopravvivenza. Per questo motivo l’evoluzione ha dotato l’intestino di un sistema nervoso autonomo (il sistema nervoso enterico), denominato secondo cervello, in grado di preservare e garantire la funzionalità nutritiva indipendentemente dal sistema nervoso centrale.
Ma vediamo come è fatto più da vicino l’intestino.
La superficie che lo ricopre all’interno si chiama epitelio intestinale ed aiuta l’intestino ad assimilare le sostanze nutritive. L’insieme dei microorganismi presenti nel tubo digerente costituisce invece la flora batterica intestinale, oggi meglio nota come microbiota, con la funzione di filtrare e schermare le sostanze nocive.
Epitelio intestinale e microbiota formano la “barriera intestinale”, il cui stato di salute influenza il nostro benessere generale: una barriera “sana” permette uno scambio ottimale, una barriera “danneggiata” avrà delle conseguenze sul nostro stato di salute.
Forse hai sentito parlare di leaky gut sindrome, o sindrome dell’intestino gocciolante, è dovuta proprio ad un’eccessiva permeabilità della barriera intestinale che non riesce ad opporsi al passaggio di sostanze nocive.
Perché il microbiota è cosi importante?
Negli ultimi anni, numerosi studi hanno messo in evidenza che alterazioni nella composizione del microbiota sono correlate allo sviluppo di patologie che non riguardano solamente l’apparato intestinale.
Malattie metaboliche, obesità, aterosclerosi e anche patologie cardiovascolari sono state poste in relazione con alterazioni più o meno profonde del microbiota.
Gli studi più recenti stanno approfondendo il legame tra microbiota e patologie del sistema nervoso.
E’ ormai accertato che tra le sostanze prodotte dai batteri della flora intestinale figurano anche i neurotrasmettitori come la serotonina che viene prodotta per il 95% dalle cellule distribuite lungo la mucosa intestinale, adrenalina, acetilcolina ecc.
Cervello e intestino infatti parlano la stessa lingua chimica perchè usano gli stessi mediatori.
L’influenza del microbiota si estende quindi ben oltre il tratto gastrointestinale e le sue alterazioni sembra che apportino modifiche importanti a livello psicologico e neurologico.
Per questo motivo si sente e si sentirà sempre più parlare dell’asse intestino-cervello.
La maggior parte dei lavori è su modelli animali, ma i dati disponibili su studi su umani confermano che ansia, depressione, stress e più recentemente anche disturbi dello spettro autistico (ASD) e deficit di attenzione e iperattività (ADHA) sono correlati ad una flora batterica alterata.
Una comunicazione bidirezionale
La relazione tra intestino e cervello è a doppio senso.
Se è vero che lo stato di salute dell’intestino si riflette sul cervello, è vero anche il contrario: periodi particolarmente stressanti o la nostra incapacità di affrontare ansie, paure, decisioni, possono incidere sul normale funzionamento dell’intestino con alterazioni della peristalsi e conseguenti episodi ad esempio di stipsi o di colite e della produzione di acidi, di enzimi, di ormoni.
Allo stesso modo dieta e disordini intestinali possono avere ricadute sull’umore.
Il ruolo dell’alimentazione
Sottolineare l’importanza dell’alimentazione sulla nostra salute, sembra scontato ma di fatto è così.
E’ stato chiaramente dimostrato che le nostre abitudini alimentari possono avere un effetto considerevole sulla composizione del microbiota intestinale (Maslowski&Mackay, 2010).
Positivi cambiamenti nella dieta possono apportare significativi miglioramenti a livello microbico e ridurre l’incidenza di disturbi con base infiammatoria, tra cui anche la depressione.
I cibi e le sostanze potenzialmente dannose per il nostro microbiota intestinale sono i “soliti noti”, in particolare Kelly Brogan, nel suo libro “A mind of yourown” (2016), sottolinea di fare attenzione, tra gli altri:
- Glutine: proteina contenuta nel grano, contribuisce alla permeabilizzazione dell’intestino, rendendolo più vulnerabile, e interferisce con la scomposizione e l’assorbimento dei nutrienti;
- Prodotti OGM: pesticidi ed erbicidi contenuti nei cibi geneticamente modificati interferiscono con la produzione di aminoacidi essenziali, come il triptofano, che contribuisce alla costituzione delle proteine e alla sintesi della serotonina, e promuovono la produzione del p-Cresolo, un composto organico che interferisce con il metabolismo di sostanze esterne, anche tossiche;
- Dolcificanti artificiali: il corpo umano non possiede la capacità di digerire i dolcificanti artificiali, motivo per il quale questi non contengono calorie. Tuttavia, possono attraversare il nostro tratto intestinale e provocare sindromi metaboliche, come l’insulino-resistenza e il diabete;
- Antibiotici: i loro effetti possono perdurare per mesi o provocare cambiamenti pervasivi nel microbiota umano, andando ad inficiare alcune funzioni essenziali come l’assunzione di nutrienti, la produzione di vitamine e la protezione da agenti patogeni.
Psicobiotica
In seguito alla portata delle scoperte sull microbiota, i ricercatori dell’Università di Cork diretti dal neuroscienziato Prof. Timothy Dinan, hanno dato l’avvio alla Psicobiotica: una nuova branca della medicina moderna che ha come oggetto lo studio del rapporto tra il microbiota e la nostra salute mentale e la possibilità di utilizzare un’integrazione probiotica mirata con specifici ceppi batterici probiotici, con l’obiettivo di migliorare le funzioni cognitive.
Gli psicobiotici sono una nuova classe di probiotici capaci di produrre sostanze neuroattive che agendo sull’asse intestino-cervello apportano un beneficio per la salute nei pazienti affetti da malattie psichiatriche.
Finora, gli psicobiotici sono stati ampiamente studiati in un contesto psichiatrico in pazienti con sindrome dell’intestino irritabile. Evidenze si stanno riscontrando anche nell’alleviare i sintomi della depressione e nella sindrome da affaticamento cronico. Tali benefici possono essere correlati alle azioni antinfiammatorie di alcuni psicobiotici e alla capacità di ridurre l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene.
Sono in corso studi su larga scala controllati con placebo.
In conclusione
Spero che questo articolo vi possa essere di aiuto per chiarire le correlazioni tra alcuni disturbi e ricordare che l’approccio alla salute deve essere sempre “olistico”.
Nutrirsi bene è fondamentale anche per preservare l’equilibrio dell’ecosistema microbico che risulta uno dei fattori di fondamentale importanza per favorire le condizioni di salute sia fisica che mentale.
In caso di alterazioni e squilibrio nuove sostanze, gli psicobiotici, possono offrire nuove opportunità terapeutiche da integrare con le cure attualmente disponibili.
Grazie per condividere questo articolo se ti è piaciuto e se pensi che possa essere di aiuto a qualcuno!
Bibliografia
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